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Lambrusco: una degustazione nella cantina Cleto Chiarli

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Se c’è una cosa che mi piace fare è cambiare idea.
La storia tra me e il Lambrusco è fatta proprio di un cambio repentino d’opinione. Ed è durante una visita alla cantina Cleto Chiarli nel modenese che ho cambiato idea su questo vino un po’ bistrattato dall’opinione pubblica.
Ma partiamo dall’inizio.
In un caldo fine settimana di Maggio, quando le mie più care amiche ci ospitano nella loro terra emiliana e ci portano a una degustazione perfetta per…cambiare idea!

La visita in cantina

L’arrivo alla tenuta Cialdini dell’azienda Cleto Chiarli rimarrà ben impressa nella mia mente per lungo tempo.
Soleggiata, tranquilla, silenziosa e accogliente. La vera anima emiliana nel piccolo comune di Castelvetro.
E’ mattina, e sebbene il gusto del caffè sia ancora nelle nostre bocche, l’idea di degustare del vino in un contesto così tipicamente rurale solletica tutti quanti.
Una ragazza dai modi familiari ma raffinati, proprio come il Lambrusco che avremmo poi assaggiato ci accoglie sulla porta.

La tenuta Cialdini è una delle 3 tenute di proprietà di un’azienda che prende il nome da un oste che visse 160 anni fa. Il signor Cleto Chiarli ci vide lungo quando smise di vendere il suo apprezzato Lambrusco per dedicarsi alla produzione, attraversando, non sempre con facilità, i tanti momenti storici che l’Italia dovette affrontare.
In questo ondulato terreno adiacente hanno casa i vitigni del Lambrusco Grasparossa e il Pignoletto Spumante, vini frizzanti e beverini ma dal gusto tutt’altro che scontato.

Veniamo prontamente guidati attraverso le varie aree della tenuta, la parte vecchia, suggestiva e armoniosa, e la parte nuova, produttiva e frenetica, anche se tutto è immobile.

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La parte antica della tenuta
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Lambrusco: la produzione

Tutto è immobile ma lascia immaginare il frenetico via vai degli addetti ai lavori, il rumore incessante delle macchine e il profumo del mosto nell’aria.
I grandi fermentatori, i rulli trasportatori di centinaia di bottiglie, le macchine per tappare, le etichettatrici. Tutto è automatizzato sotto una precisa regola: produrre un vino di qualità.
E come? Ma con la fermentazione con il metodo Charmant! Sono certa che saprai di cosa si tratta, nel caso non lo sapessi leggi qui.
Ma com’è charmant questo Lambrusco!

Dopo l’interessante passeggiata formativa tra la parte vecchia e quella nuova ci rechiamo nel cortile, o come mi piace chiamarla per essere un po’ più emiliana, l’aia del podere.

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L’area di produzione con vista

Lambrusco: la degustazione

Un tavolo ci attende con grissini e calici. E’ quasi ora di pranzo e il gusto del caffè in bocca ormai è stato ripulito dalla voglia di assaggiare quello che ci è stato mostrato.
La degustazione inizia con il Pignoletto Spumante, un vino bianco da una struttura tutt’altro che banale. Il vitigno, originario dell’antica Grecia, si è ambientato benissimo nelle colline modenesi tanto da essere considerato un parente di vini molto aromatici come il Riesling.
Tutte queste informazioni sopracitate le ho ovviamente lette, noi ci limitavamo a bere nella piacevole ombra del podere!

Passiamo poi al secondo bicchiere della degustazione: il rosso Lambrusco Grasparossa. Un vino tanto aromatico e intenso quanto beverino e – lasciamelo dire – umile.
Umile come chi è sempre stato considerato un vino frizzante da tavola ma che sta cercando di tirarsi fuori da uno standard che non è più il suo.

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La degustazione del Pignoletto

Il Lambrusco non è più il cugino povero di vini importanti come il Barolo, il Chianti o il Riesling. E’ altro.
E’ una rivincita, uno stile nuovo di gustare del vino italiano, un nuovo inizio.
Questo è quello che ho elaborato a posteriori. Lì bevevo un buon vino.

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